domenica 18 giugno 2017

Recensione - Absence di Chiara Panzuti

TRAMA: Viviamo anche attraverso i ricordi degli altri. Lo sa bene Faith, che a sedici anni deve affrontare l'ennesimo trasloco insieme alla madre, in dolce attesa della sorellina. Ecco un ricordo che la ragazza custodirà per sempre. Ma cosa accadrebbe se, da un giorno all'altro, quel ricordo non esistesse più? E cosa accadrebbe se fosse Faith a sparire dai ricordi della madre? La sua vita si trasforma in un incubo quando, all'improvviso, si rende conto di essere diventata invisibile. Nessuno riesce più a vederla, né si ricorda di lei. Non c'è spiegazione a quello che le è accaduto, solo totale smarrimento. Eppure Faith non è invisibile a tutti. Un uomo vestito di nero detta le regole di un gioco insidioso, dove l'unico indizio che conta è nascosto all'interno di un biglietto: 0°13'07''S78°30'35''W, le coordinate per tornare a vedere. Insieme a Jared, Scott e Christabel - come lei scomparsi dal mondo - la ragazza verrà coinvolta in un viaggio alla ricerca della propria identità, dove altri partecipanti faranno le loro mosse per sbarrarle la strada. Una corsa contro il tempo che da Londra passerà per San Francisco de Quito, in Ecuador, per poi toccare la punta più estrema del Cile, e ancora oltre, verso i confini del mondo. Primo volume della trilogia di Absence, Il gioco dei quattro porta alla luce la battaglia interiore più difficile dei nostri giorni: definire chi siamo in una società troppo distratta per accorgersi degli individui che la compongono. Cosa resterebbe della nostra esistenza, se il mondo non fosse più in grado di vederci? Quanto saremmo disposti a lottare, per affermare la nostra identità? Un libro intenso e profondo; una sfida moderna per ridefinire noi stessi. Una storia per essere visti. E per tornare a vedere.

RECENSIONE : Absence è il primo libro di una trilogia, scritta da un’autrice italiana, che ci viene da subito presentato come uno young adult diverso dal solito, un soffio d’aria fresca nel mondo fantasy young adult che, diciamocelo chiaramente, non sta passando un bel periodo.
Absence racconta della storia di quattro adolescenti londinesi: Faith, Scott, Jared e Christabel. I ragazzi, pur abitando nella stessa città, come succede sempre nelle grandi metropoli, non si sono mai incontrati; ognuno di loro vive (più o meno) tranquillamente la propria vita, problemi adolescenziali annessi. L’evento scatenante del romanzo è anche l’evento che porterà i quattro ragazzi ad incrociare le proprie strade ed a condividere un destino che si preannuncia tutt’altro che roseo: inaspettatamente nessuno riesce più a vederli, anzi nessuno sembra più ricordare neanche che i ragazzi siano mai esistiti.
Sono diventati invisibili.
Il romanzo è tutto una similitudine: da un lato abbiamo l’invisibilità “fisica” dei ragazzi (i genitori non possono vederli ma non ricordano neanche di aver mai avuto loro come figli) e l’invisibilità del singolo nei confronti di una società che è ormai troppo impegnata a seguire le ultime tendenze, a maneggiare cellulari, computer e quant’altro tanto da non riuscire più a “vedere” le persone (il che è un controsenso, perché per vedere davvero bisognerebbe andare oltre la visibilità fisica, ma non è né tempo né luogo per iniziare discorsi metafisici).
Per quello che sembra un caso fortuito, i ragazzi si ritrovano a condividere un’avventura piuttosto spiacevole dove bigliettini, coordinate, viaggi, inseguimenti e uomini vestiti di nero la fanno da padroni.
Parto dal presupposto che, prima di leggere questo volume, ho guardato alcune recensioni sparse per il web, tanto per farmi un’idea di quello che mi aspettava.
Mai cosa fu più sbagliata.
Le recensioni positive hanno fatto in modo che le mie già abbastanza alte aspettative su questo libro, arrivassero a livelli estremi. Si parla di Absence come di un libro strabiliante, come l’assoluta novità ma in realtà, dal mio punto di vista, è stata una totale delusione.
Non solo il libro non ha rispettato le mie aspettative, a tratti mi ha fatta sentire piuttosto amareggiata.
Già dall’inizio del romanzo ho notato che la scelta narrativa non era del tutto lineare: i primi quattro “capitoli” sono narrati dal punto di vista di ognuno dei personaggi coinvolti, quindi da lettrice ignara, ho creduto che la narrazione avesse quattro punti di vista e invece a partire dal quinto capitolo i punti di vista si riducono ad uno solo, quello di Faith, per poi ritornare quattro nell’ultima parte del romanzo. Non condivido questa scelta narrativa, e nemmeno la capisco, ma la rispetto (sicuramente l’autrice ne saprà più di me su questo argomento) e comunque non è la cosa più importante di cui parlare.
Una grande pecca di questo romanzo sono, purtroppo, i personaggi quasi del tutto piatti (descrivere brevemente la loro vita prima dell’evento non è approfondimento psicologico) e, a parer mio, non molto in grado di attirare la simpatia dei lettori. Un motivo per cui il romanzo non mi è piaciuto molto è la mancanza sia di simpatia che di empatia che ho provato verso la protagonista, Faith, che tra i quattro è proprio quella che sopporto meno. Scott e Christabel, invece, mi sono piaciuti abbastanza sia come personaggi in sé sia la chimica che si è creata tra di loro, risultano molto più spontanei dei loro compagni.
L’insta-love è un problema che credevo ormai superato da un paio d’anni, ci hanno provato in molti ad utilizzarlo ma raramente funziona a dovere, e l’insta-love tra due dei quattro personaggi della storia non è uno di questi. Singolarmente i personaggi avrebbero potuto funzionare, se sviluppati, ma come coppia risultano essere davvero poco credibili, soprattutto per la mancanza di chimica tra i due, quasi a voler creare un amore che fosse del tutto innocente.
Lo stile di scrittura della Panzuti è conforme allo standard del genere, a tratti molto bello soprattutto in alcune descrizioni degli stati d’animo, e non si può assolutamente dire che l’autrice non abbia del talento nella scrittura; avrei voluto più descrizioni spaziali, infatti il cambiamento di località durante i viaggi è leggermente percettibile e avrei voluto più momenti “leggeri” tra i personaggi: mi sarebbe piaciuto vedere come, uniti da una situazioni piuttosto tragica, i quattro ragazzi riuscissero a stringere una sincera amicizia, invece i dialoghi sono molto formali. e tra di loro non traspare un minimo di affetto.
La trama è forse il punto forte dell’intero libro, non ho mai letto un libro che trattasse di un argomento del genere, e credo sia (e sarà) motivo di acquisto per la stragrande maggioranza dei lettori. Nonostante fosse interessante, con il giusto equilibrio tra i momenti wtf e i momenti di suspance, la lettura scorre lenta per gran parte della durata del romanzo; ho trovato invece le ultime 100 pagine molto più intriganti, e da quel momento in poi il libro migliora. Avrei eliminato volentieri le pagine e pagine di dialoghi interiori della protagonista, infatti il libro si presenta come introspettivo per la maggior parte del tempo, e avrei aggiunto un pizzico di azione, che nel libro c’è ma è ridotta ad alcune scene della durata di poche pagine.
In generale il romanzo non è da considerare una brutta lettura, fa il suo dovere di young adult e intrattiene il lettore senza troppe pretese, ma è la sua estrema esaltazione a danneggiarlo; bisognerebbe prenderlo così com’è: un romanzo per ragazzi e niente di più.
Il libro ha i suoi difetti, e sono anche evidenti, ma lo stile di scrittura e le ultime cento pagine lo salvano dall’avere un giudizio del tutto negativo; se contestualizzato nell’intero panorama YA Absence si piazza ad un livello intermedio, tra i libri estremamente brutti e quelli estremamente belli, ma nessuno impedisce alla storia di migliorare nei prossimi volumi e spero vivamente che l’autrice riesca a migliorare quelle piccole cose che rendono un potenziale buon libro semplicemente un libro mediocre.

Con tutto questo non voglio influenzare le opinioni di chi andrà a leggere il romanzo, non voglio né consigliare né sconsigliare la lettura, chiunque sia interessato alla storia può acquistare il libro e farsi una propria idea, non voglio che il mio giudizio sia considerato come “al di sopra” di quello di altri; inoltre, a chiunque sia piaciuto il libro, per favore, non offendetevi (e non offendete), ognuno ha i propri gusti letterari e la libertà di parola è ancora un diritto inalienabile.
Il mio giudizio finale oscilla tra le 2,5/5 e le 3/5.

VOTO






1 commento:

  1. Finalmente una recensione obiettiva. Sono assolutamente d'accordo con te e felice che ci sia qualcuno che abbia voglia di dire la verità su libri che hanno avuto la fortuna di avere ottime campagne pubblicitarie.

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